di Renata Lovati, Cascina Isola Maria (Albairate)
C’erano una volta le nostre campagne, fertili ed irrigue, l’acqua scorreva da fossi alimentati da fontanili e risorgive o dall’acqua del Naviglio e del canale Villoresi.
Opere idrauliche che hanno garantito prosperità e futuro all’agricoltura nate da menti illuminate, Eugenio Villoresi, ingegnere monzese classe 1810, scriveva così nei suoi appunti intorno al 1870: “Non mi darò pace fino a quando non avrò eliminato questo paradosso: una troppo cospicua parte della Lombardia, la regione italiana più ricca di acque, è afflitta dal flagello delle arsure deleterie”.
Negli anni ho conosciuto superficialmente realtà che quotidianamente vivono il dramma della siccità e della desertificazione, penso alla Sicilia e ad alcune regioni del Sud Italia ma solo ora, vivendo direttamente il problema della mancanza d’acqua, mi rendo conto di come questo elemento vitale sia fonte di vita e di progresso.
Le mie amiche siciliane rimanevano esterefatte a vedere foto di raccolti di medica al quinto, sesto taglio, e io non capivo il valore di quelle produzioni. Giorno dopo giorno si aspetta la pioggia ma ormai tanti raccolti sono compromessi, e se avremo riduzioni significative nella produzione di riso e cereali quello che più mi rattrista è vedere i prati stabili disseccati, una fonte di biodiversità che ha alimentato da sempre la nostra mandria di Frisone biologiche.
Quest’anno, dopo due settimane, ai primi di maggio abbiamo dovuto rinunciare a somministrare l’erba verde alle vacche, scegliendo di affienare quel poco di raccolto che avevamo in campagna. Terminato il maggengo e il fieno di loietto e trifoglio, ci abbiamo messo giorni a capire che non avremmo avuto acqua per irrigare i prati, la speranza che si alzasse il livello nel Naviglio per alimentare la Roggia Soncina si è spenta inesorabilmente e quel poco di flusso che si incanalava nel letto del Fontanile San Carlo non è mai uscito dal paese.
Abbiamo dovuto scegliere cosa salvare con quella poca acqua derivata a caro prezzo dallo Scolmatore grazie all’accordo con i vicini ma dando priorità al riso e al mais. Ma c’è chi non ha potuto nemmeno godere di questo e le foto che allego testimoniano una realtà che gli agricoltori albairatesi forse non avevano mai vissuto. Il vento secco che soffia inesorabilmente si accompagna al sole cocente e credo che anche per noi arriverà il momento che un allevatore non vorrebbe mai vivere, la scelta di ridurre il bestiame per l’impossibilità di nutrirlo a sufficienza.Veniamo da anni in cui la natura ci ha mandato segnali rimasti inascoltati dalla massa delle persone e cosa ancor più grave dalla politica.
Presto, in tante regioni, si verificheranno gli incendi, accumulando danni a quello di una guerra senza senso, i signori delle armi e materiale bellico, non fermano la produzione di mezzi di devastazione della natura.In campagna, dopo i raccolti di orzo e frumento non si vede traccia di sorghetta, le piante e le alberature stanno soffrendo inesorabilmente.
Ieri mattina ho fatto qualche foto delle campagne di Albairate, certo non tutte sono così, ma qui siamo proprio nella zona interessata dal progetto Anas, Vigevano-Malpensa, dove il mio vicino Paolo Bielli ci aveva proposto il bel video sulla Roggia Visconta all’ultimo Festival No Tangenziale.
La Cascina Visconta e la Tosa sono tra le più danneggiate purtroppo, noi abbiamo dovuto scegliere cosa irrigare con la poca acqua che abbiamo trovato e non sappiamo cosa ne sarà di tanti prati stabili.
Fermare il consumo di suolo agricolo è una delle cose che si può fare da subito innescando processi virtuosi di riutilizzo e di rigenerazione. In Parlamento si sono arenate proposte di leggi sul consumo di suolo, il Forum di Salviamo il paesaggio ha da anni presentato un testo, condiviso da 75 esperti e passato al vaglio valutativo di una Rete di oltre 1.000 organizzazioni e decine di migliaia di aderenti individuali.
Se non ora quando?