Intervento di “Folletto25603/La Terra Trema”
Abitiamo in luoghi che mancano di un ragionare sociale e urbanistico, in città che si costruiscono intorno ad interessi di altri, in nome di qualcosa di non civile, imposti da oneri di urbanizzazione, speculazioni, grandi opere piovute dall’alto, continui stravolgimenti che offendono la terra, campagne, corpi che vivono e lavorano, tutto quanto sia coltivabile. Crescono il malessere e la rabbia. Le cose, i luoghi, le priorità si deformano in un disagio che si diffonde sotto strati di cemento, asfalto, merci da distribuire. Sono momenti cruciali, questi 25 Km da Milano sono una preda ambita.
Sono momenti cruciali che valgono o una presa di coscienza diffusa e producente o periferia e cemento per sempre. Parliamo di un vivere che è precario già nella sua geografia minima, fuori dalla porta di casa. E di orizzonti che cambiano. Da un giorno all’altro. Cambia la città, la campagna, la strada. In un equilibrio neanche acrobatico che tiene sospese storie e destini del territorio. E il lavoro, le vite, gli inganni, le illusioni che scorrono su questo filo. Che ne chiamano altri e ne seppelliscono di vecchi. Nel cemento. La condensazione di cose già viste, sbagli già fatti, parole già sentite. La terra trema. Riempire. Più di così non si dovrebbe.
Qualche contadino direbbe che è insensato. Che hanno già fatto abbastanza e che la misura è colma. Ma questa parola non compare nei bandi, nelle gare d’appalto, negli uffici delle holding. Ancora più strade, ancora più case, ancora più ipermercati. Anche se lo spazio è saturo. Non abbiamo bisogno di strade, ma di scegliere come muoverci. Non abbiamo bisogno di case, ma di affitti plausibili. Non di supermercati, ma di forme nuove di consumo e produzione che sappiano rendere il valore giusto al lavoro di piccoli produttori e di piccoli territori che resistono.
Fonte: Associazione Dimensioni Diverse